“L’età adulta è l’inferno”, H.P. Lovecraft

“Ho la fortuna di possedere un’immaginazione ben più vasta delle mie emozioni.”

Lo sanno anche gli alberi: leggere libri epistolari è una mia grande passione. Mi piace cogliere tra le righe frammenti di vita privata che non si potrebbero conoscere, sfumature di sentimenti e personaggi, confessioni private e sincere. Per fortuna L’Orma Editore può soddisfare la mia sete con un vasto catalogo di autori e una edizione, “I Pacchetti”, curata nei dettagli, solo come L’Orma sa fare. L’ultima uscita di questa collana è “La vita adulta è un inferno”, di Howard Philip Lovecraft, autore novecentesco dell’horror. Il libriccino è curato da Marco Peano, autore torinese che ho amato con “L’invenzione delle madre”, che ho recensito qui.

Peano, con piglio investigativo, ricostruisce i passaggi più importanti dell’autore inglese: la vita a Providence, il matrimonio con Sonia Greene sino alla loro turbolenta separazione. La vita di Lovecraft, influenzata da una madre apprensiva e protettiva, è stata caratterizzata da lunghi tempi trascorsi a leggere testi che spaziavano tra i generi più disparati: l’architettura, l’astronomia, la scienza e la fisica (beato lui!). Ciò fa Lovecraft un uomo estremamente colto, capace di avere una vasta opinione su diverse tematiche. Si considerava un uomo che fin da giovane aveva già conosciuto tutto e per tale motivo, spesso, firmava le sue lettere con l’appellativo “nonno” .

“Non ho mai provato il minimo interesse per le romanticherie e gli affetti; mentre il cielo, con la sua storia di eternità passata e a venire , e la sua meravigliosa panoplia di roteanti universi, mi ha sempre affascinato.”

La sua passione nel ricevere e scrivere lettere fa di lui una delle figure più documentate della letteratura: si contano circa centomila lettere. La scrittura servì a Lovecraft per sanare quel malessere dato dalla convinzione di essere nato nell’epoca sbagliata e quindi di trovarsi perennemente con la sensazione di non essere al proprio posto. Questa sensazione viene per un po’ dimenticata con l’incontro e il successivo matrimonio a New York con Sonia Greene, vedova di Samuel Greene. Se prima dell’incontro con Sonia, Lovecraft era un affermato misogino, con il procedere delle lettere sembra abbandonare questa avversione che lo ha sempre tenuto lontano dalle altre donne che non fossero la madre o le zie.

“Del resto, quando un uomo è stato uno scapolo e un recluso individualista per trentatré anni e mezzo […] ci sono buone probabilità che non accetti di buon grado alcun radicale cambiamento nella propria vita domestica.”

Leggiamo, così, di un amore che si evolve, fino alla comparsa delle prime crepe che intaccano il sentimento apparentemente puro tra Sonia e Howard, in un crescendo di lirismo e mistero. La natura misogina di Lovecraft sembra scomparire sulla carta, ma il problema è affrontare la vita reale.

Vi invito a scoprire gli altri libri del catalogo de L’Orma, io ho già apprezzato le raccolte su Stendhal “Alle anime sensibili”, su Cervantes “La forza del sangue” e su Marie Curie “La vita non è facile, e allora?”.

A presto,

Loris.

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Behemoth ha detto:

    Bravissimo Lo, davvero un bell’articolo ✌🏻⭐️

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    1. Loris Insinna ha detto:

      Grazie carissimo! 🤗

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